Blog Dottoressa Barbara Premoli

La popolare illusione dell’uscita dalla Zona di Comfort

Leggo sempre più spesso articoli-slogan e post che indicano l’uscita dalla zona di comfort come la soluzione ad ogni problema della vita, la via per ritrovare sé stessi e la propria felicità. 
Perché la zona di comfort è connotata da tanta negatività?
Perché abbandonare la zona di comfort è diventato il leitmotiv di tante persone?

Per meglio comprendere il significato dell’espressione zona di comfort è necessario richiamarne l’origine. La teoria della Comfort Zone è stata elaborata nel 2009 da Alasdair White, un teorico della gestione aziendale, per identificare quella condizione nella quale i dipendenti di un’azienda riuscivano a massimizzare le loro prestazioni lavorative grazie alla presenza di un basso livello di stress. 
La psicologia ha acquisito questo concetto dall’ambito aziendale utilizzandolo per identificare quello specifico “stato psicologico in cui tutto può sembrare familiare, una zona in cui la persona si sente a suo agio con l’ambiente esterno e sperimenta bassi livelli di ansia e di stress”.  
La docente e ricercatrice dell’Università di Houston, Brenè Brown definisce la zona di comfort come quella condizione “dove insicurezza, scarsità e vulnerabilità sono al minimo livello. Dove crediamo di potere avere accesso a una quantità sufficiente di amore, cibo, talento, tempo, ammirazione. Dove sentiamo di potere esercitare un certo controllo”.
Il bisogno di sentirsi al sicuro dal punto di vista emotivo, di sentirsi amati, protetti, accettati e ammirati rientrano, secondo Abraham Maslow, tra i bisogni importanti dell’essere umano. La soddisfazione di questi bisogni ci spinge a costruire un luogo di ruotine rassicurante e priva di frustrazione, ansia e stress. 
Gli psicologi Robert M. Yerkes e John D. Dodson nel 1908 hanno elaborato una teoria che sostiene che il rendimento aumenti con l’eccitazione fisiologica o mentale ma solo fino ad un certo punto. Quando i livelli di eccitazione diventano troppo alti, il rendimento diminuisce. Se i livelli di eccitazione sono troppo bassi è possibile non avere energia sufficiente per realizzare un obiettivo. Il rendimento massimo si raggiunge quando una persona sperimenta un moderato livello di pressione. Ricerche successive hanno confermato l’esistenza della correlazione tra un certo livello di stress e il miglioramento della motivazione e della concentrazione.
Sulla base di queste teorie risulta evidente che per migliorare la nostra condizione dobbiamo sperimentare un certo grado di stress, tollerare l’ansia che può derivare dall’incertezza. Questa condizione viene definita “ansia ottimale” e si sperimenta in quella che Andy Molinsky (professore di Management Internazionale e Comportamento delle Organizzazioni presso l’international Business School dell’Università di Brandeis) ha definito la Zona di Apprendimento, un luogo metaforico dove potersi mettere alla prova, acquisire nuove conoscenze e sperimentare cambiamenti. 
L’attuale cultura della crescita personale glorifica l’atto di uscire dalla zona di comfort come evidenza di coraggio personale e come via privilegiata per realizzare grandi cose nella vita. Tuttavia, la zona di comfort non è necessariamente una zona disfunzionale e limitante. Non tutte le abitudini e gli stati mentali che ci fanno stare a nostro agio sono negativi. 
La zona di comfort è il luogo dove ti senti sicuro, dove i tuoi bisogni principali sono soddisfatti. Costruire una buona zona di comfort è fondamentale per avere quella base sicura che ci permette di apprendere, di crescere, di evolvere, di raggiungere i nostri obiettivi. E’ uno stato mentale dal quale puoi progredire ma anche ritornare quando ti spingi oltre e percepisci il bisogno di un posto sicuro. 
In questa ottica la zona di comfort diventa il luogo privilegiato dove conoscere sé stessi, dove prendersi cura di sé e pianificare i possibili cambiamenti. Lo scrittore americano Max DePree sostiene che “non possiamo diventare ciò che vogliamo essere rimanendo ciò che siamo”, la consapevolezza di ciò che siamo è, tuttavia, la chiave di volta per ritrovare la fiducia in noi stessi e approcciarci al cambiamento.
Cambiare noi stessi e il nostro mondo e costruire una vita piena e soddisfacente sono obiettivi che non si raggiungono modificando qualche abitudine, cambiando lavoro o abbandonando una relazione affettiva, il percorso è molto più impegnativo e parte da una conoscenza di sé, delle proprie fragilità e imperfezioni ma anche delle proprie risorse e dei propri reali bisogni. 
Ognuno di noi viene al mondo dotato di un proprio bagaglio biologico e di una determinata sensibilità all'ambiente. Durante il personale percorso di sviluppo e le esperienze vissute ci si struttura e modella fino a costruire la propria rappresentazione di sé stessi, degli altri e del mondo. A questo sistema complesso di percezione ed elaborazione è dovuto gran parte del nostro equilibrio psicologico. 
Al fine di mantenere un buon livello di stabilità emotiva, è necessario sviluppare una sempre maggiore capacità di prendere coscienza e consapevolezza di quel che ognuno sente e pensa, di osservare le proprie reazioni emotive, di capire quali cose ci fanno sentire bene, quali spaventano, fanno vergognare o arrabbiare e, inoltre, quali sono i vissuti che inducono a comportarsi in un certo modo e a prendere determinate decisioni.
Nel nostro percorso per la crescita personale l’aiuto di un terapeuta potrebbe essere finalizzato a favorire una nuova lettura del modo di percepire e di pensare la realtà con lo scopo di promuovere il cambiamento necessario per riuscire a stare bene. Spesso la paura della richiesta di aiuto scaturisce dall'idea di vedere riflessa negli occhi di un'altra persona la propria vulnerabilità, il proprio limite. Tuttavia, la richiesta di aiuto potrebbe essere il primo passo per trasformare la paura in coraggio e realizzare il cambiamento.
Marcel Proust recitava: “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.
 

Post scritto da Barbara Premoli
Esperta di disturbi d'ansia, depressione, traumi psicologici, problematiche sessuali, crisi di coppia.